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Dott. Umberto Schiavo

Medico del lavoro Vs fumi esausti da motori a gasolio

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Il medico del lavoro e i fumi esausti: come tutelare chi lavora con motori a gasolio

I rischi legati ai fumi esausti dei motori diesel sono ben conosciuti dal medico del lavoro. Sono inoltre tra i rischi più diffusi: sono molte le professioni e le mansioni che richiedono al lavoratore di stare a contatto con fumi esausti, anche per ore consecutive. È quindi importante che il medico del lavoro conosca nel dettaglio la normativa e i pericoli che ne derivano.

 

Come riportato da uno studio dell’International Agency for Research on Cancer, il primo rischio legato al contatto continuato con i fumi esausti di motore a gasolio, con cui il medico del lavoro deve quindi confrontarsi, è l’elevata possibilità di contrarre forme di tumore.

I motori a gasolio sono purtroppo ancora utilizzati quotidianamente in numerosi contesti aziendali. Le aziende attive nel settore dei trasporti, le imprese edili, le industrie minerarie sono tutte realtà lavorative in cui il medico del lavoro deve prevenire ogni giorno i rischi derivanti da fumi esausti.

 

Il medico del lavoro e i fumi esausti: la diffusione dei motori a gasolio

Un altro fattore importante con cui deve confrontarsi il medico del lavoro è la diffusione di motori a gasolio anche all’esterno dai contesti prettamente aziendali. Fino a qualche anno fa si contavano in Italia ben 45 milioni di veicoli alimentati a diesel: oltre a considerare i fumi esausti provenienti dalle attrezzature dell’azienda, il medico del lavoro deve quindi considerare anche il contesto in cui il lavoratore opera.

Il medico del lavoro deve infine tenere conto dell’evoluzione tecnologica dei motori diesel: al cambiare della tecnologia cambiano anche i rischi per i lavoratori che ne fanno uso.

 

Il medico del lavoro e i fumi esausti: la valutazione del rischio

Una volta stabilita la portata e la diffusione del rischio legato ai fumi esausti, il medico del lavoro deve stabilire con precisione quali sono i lavoratori effettivamente a rischio all’interno dell’organico aziendale e come questo rischio vada inquadrato.

 

Come spesso accade il medico del lavoro inizia la valutazione del rischio con un’analisi dell’ambiente di lavoro e in particolare di alcuni fattori di natura tecnica: rileva lo stato di manutenzione dei motori diesel in uso, la frequenza di utilizzo e le peculiarità del carburante utilizzato. Importanti sono altresì il punto di emissione (ovvero dove il motore a gasolio viene collocato), le dimensioni ed il grado di confinamento dell’ambiente di lavoro e l’efficienza del sistema di ricambio dell’aria.

 

Il medico del lavoro e i fumi esausti: le grandi aziende

In ambito industriale, l’importanza della sicurezza e la prevenzione dei danni alla salute derivanti da fumi esausti sono tematiche all’ordine del giorno. Spesso in questi contesti il medico del lavoro viene messo nelle condizioni di stabilire programmi di prevenzione e formazione mirati  allo sviluppo di misure di sicurezza efficaci.

 

Anche nelle aziende più attente alla sicurezza si presentano tuttavia a confrontarsi con delle questioni trasversali e condivise: ad esempio, il medico del lavoro deve confrontarsi con i problemi derivati dall’esposizione del lavoratore a più ambienti di rischio e con le differenze di età, sesso e condizione patologiche pre-esistenti tra i lavoratori.

Occhiali progressivi e videoterminalisti

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Medici del lavoro e occhiali progressivi: quando il videoterminalista può averne bisogno

Occhiali progressivi per videoterminalisti: da consigliare o no? Tra i medici competenti la questione è dibattuta e molto attuale: i lavoratori addetti al videoterminale sono infatti sempre di più diffusi e in numerosi settori aziendali. È quindi necessario capire quando il medico del lavoro debba consigliare l’uso di occhiali progressivi e quando invece non siano da consigliare.

 

Non è insolito che i lavoratori che trascorrono molte ore al videoterminale decidano, in autonomia, di dotarsi di occhiali con lenti progressive, soprattutto nel caso di lavoratori con età superiore ai 40 anni. È importante sottolineare come, per quanto concerne il medico del lavoro, gli occhiali progressivi che vengono utilizzati per scopi professionali e personali non figurano come Dispositivo Speciale di Correzione: non possono quindi essere forniti dall’azienda ma devono essere acquistati dal lavoratore stesso.

 

Medici del lavoro e occhiali progressivi: studi e scuole di pensiero

Uno dei problemi dibattuti dai medici del lavoro in merito agli occhiali progressivi è l’assenza di una letteratura scientifica propriamente detta: in sostanza, non esistono linee guide universalmente riconosciute a cui il medico competente possa fare riferimento.

Ci sono alcuni studi che accomunano chi fa uso professionale di lenti progressive con problemi come cefalea o disturbi muscolo-scheletrici, e che pertanto ne sconsigliano l’utilizzo.

Altri medici competenti preferiscono invece dare ascolto agli studi degli optometristi, che si schierano nettamente a favore.

 

Medici del lavoro e occhiali progressivi: comfort e sicurezza

È quindi necessario porsi delle domande. Anzitutto, bisogna capire quale sia lo stato dell’arte delle lenti progressive. In secondo luogo, prima di scegliere quale scuola di pensiero seguire bisogna chiedersi se i risultati dei relativi studi non siano viziati da logiche “commerciali”.

 

Sono fondamentalmente due i parametri che i medici del lavoro devono valutare: sicurezza e comfort. Una volta appurata la mancanza di riferimenti certificati, può essere saggio chiedere il parere del lavoratore stesso: a questo proposito, uno studio del 2011 dimostra che nella maggior parte dei casi i videoterminalisti non sono soddisfatti dall’adozione di occhiali progressivi.

 

Medici del lavoro e occhiali progressivi: comfort e sicurezza

In ogni caso, per la scelta degli occhiali progressivi i medici del lavoro possono appoggiarsi ad un altro specialista, in particolare un oftalmologo che curi la realizzazione di una lente con caratteristiche specifiche, a partire dalle necessità peculiari del lavoratore. È infatti fondamentale considerare l’utilizzo che si fa degli occhiali: nel caso di un utilizzo limitato all’ufficio, è preferibile una lente per distanza medio-vicina; l’attività in esterno richiederà invece l’adozione di un occhiale per le media-lunga distanza.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2015/06/interno-mcj-1_2015-2.pdf (Paolo Trau’)

Attività outdoor in medicina del lavoro

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Attività outdoor e medico del lavoro: definizioni

L’attività outdoor può cambiare il lavoro del medico competente? Cosa dice la normativa a riguardo? Quali sono i principali fattori che il medico del lavoro deve tenere in considerazione in ambienti lavorativi all’aperto?

 

Come abbiamo potuto vedere nel corso degli anni, l’attuale legislazione italiana riguardante la sicurezza sul lavoro tende a un approccio generalista: le normative riguardanti i vari settori di lavoro si stanno di conseguenza uniformando, anche in caso di ambienti di lavoro con particolarità rilevanti. Lo stesso vale per le attività outdoor, che presentano rischi e criticità peculiari.

Rientrano nella definizione di “attività outdoor” tutte le mansioni che, per la maggior parte della loro durata, vengono svolte in spazi aperti che non siano protetti (o siano poco protetti) dagli effetti di agenti atmosferici come pioggia, freddo e raggi UV. Si parla ad esempio di numerosi lavori del settore edilizio, agrario o forestale.

 

Attività outdoor e medico del lavoro: i limiti della normativa attuale

Per quanto concerne il medico del lavoro, uno di principali problemi legati all’attività outdoor è la mancanza di strumenti specifici di valutazione del rischio e di sorveglianza sanitaria. La normativa oggi in vigore non include tra i rischi codificati elementi come agenti atmosferici o radiazioni ottiche naturali.

 

I medici del lavoro coinvolti nell’attivita outdoor possono trovare alcune linee guida nel Titolo VIII del D.Lgs. (Agenti Definizioni Le lavorazioni outdoor: orientamenti pratici per il Medico del Lavoro Umberto Candura, Vice Presidente ANMA CONTRIBUTI E ARTICOLI ORIGINALI Premessa Aspetti normativi 5 Fisici): in questo documento vengono elencati e categorizzati tutti i rischi legati al lavoro all’aperto, dalle radiazioni ottiche artificiali alle atmosfere iperbariche passando per vibrazioni, campi elettromagnetici, microclimi e rumori forti. Nemmeno in questa lista sono tuttavia inclusi agenti atmosferici e radiazioni ottiche naturali, sebbene sia ormai certificato che l’esposizione continuata a questi elementi possa essere dannosa per la salute dell’uomo.

 

Attività outdoor e medico del lavoro: informazione vigilanza

In assenza di una normativa (più o meno riconosciuta) che regoli i fattori di rischio in materia di attività outdoor, il medico del lavoro deve fare del suo meglio e adattare le proprie competenze agli scenari in cui si trova a lavorare.

Uno degli strumenti più efficaci per la prevenzione di incidenti è sicuramente l’informazione: il medico del lavoro deve configurarsi come punto di riferimento per dipendenti e datore di lavoro, fornendo informazioni circa tutti quei comportamenti e per le misure di sicurezza da adottare.

La formazione alla sicurezza in ambienti outdoor può spaziare dal corretto uso dei DPI alla possibilità di assunzione di farmaci, dal controllo dello stato della pelle agli effetti cumulativi delle esposizioni extra-lavorative. Il medico del lavoro impegnato all’aperto si troverà a dover ricordare di non stare al sole durante le ore calde, di indossare occhiali da sole e protezioni per la testa (es. cappelli a tesa larga, bandane), come anche di fare uso di creme protettive.

 

Altresì importante è la vigilanza: il medico competente deve cioè assicurarsi che vengano rispettate nel dettaglio tutte le indicazioni da lui fornite circa i comportamenti e le attrezzature per la sicurezza.

 

FONTE: Umberto Candura

corsi primo concorso

Formazione al primo soccorso aziendale

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Il ruolo del medico del lavoro nella formazione al primo soccorso in azienda: responsabilità e normativa vigente.

Nel contesto della formazione al pronto soccorso aziendale

corsi primo concorso

corsi primo concorso

, il ruolo del medico del lavoro è di importanza centrale. Dalla preparazione e dalla competenza del medico del lavoro dipendono l’efficacia della formazione al pronto soccorso e, di conseguenza, l’educazione alla sicurezza di ogni lavoratore dell’azienda interessata.

La prevenzione del rischio è infatti uno dei principali compiti del medico del lavoro, e la formazione al pronto soccorso è uno degli strumenti migliori per evitare il verificarsi di incidenti. La preparazione che il medico del lavoro fornisce ai lavoratori, anche minima, può essere infatti essenziale per garantire una reazione alle emergenze composta e ordinata. Al contrario, il personale del tutto privo di preparazione per le emergenze può dare adito a reazioni caotiche, aggravando anche situazioni di rischio non gravi.

 

Formazione al pronto soccorso aziendale: i programmi ministeriali

Il medico del lavoro impegnato nella formazione al pronto soccorso aziendale dovrebbe poter fare riferimento al programma previsto nel DM 388/03. Tuttavia, sono pochi i casi in cui tale normativa viene presa in considerazione in ogni suo dettaglio.

Spesso il medico del lavoro incaricato della formazione al pronto soccorso si concentra quasi esclusivamente sulla formazione alla rianimazione cardiopolmonare (BLS) e in particolare l’utilizzo del Defibrillatore Autonomo Esterno. Fino a qualche tempo fa, tuttavia, la formazione all’uso del DAE era una pratica poco diffusa se non negli ambienti degli “addetti ai lavori”, nonostante fosse uno dei punti più importanti della formazione al pronto soccorso aziendale.

Il discorso cambia per le tecniche di pronto soccorso mirate alla disostruzione delle vie respiratorie: spesso il medico del lavoro impegnato nella formazione al pronto soccorso aziendale non arriva a toccare l’argomento, sebbene il rischio di soffocamento per ostruzione sia uno di quelli più frequenti. Tra le tecniche di disostruzione risulta utile (soprattutto in ambienti scolastici) in particolare la manovra di Heimlich, che può essere usata per far espellere corpi estranei.

 

Formazione al pronto soccorso aziendale: problemi e contraddizioni

Tale disequilibrio tra i due argomenti trattati costituisce una delle principale contraddizioni dell’attuale approccio dei medici del lavoro alla formazione al pronto soccorso aziendale. Secondo i dati rilevati in un campione di circa 5000 frequentanti del corso, il 2,5% si è trovato nella necessità di eseguire una manovra di disostruzione delle vie respiratorie, facendo delle relative tecniche un’opzione da tenere in considerazione.

Per il medico competente impegnato nella formazione al pronto soccorso aziendale è quindi difficile adottare un approccio generalista: non esistono cioè linee guida universalmente applicabili che garantiscano i margini di sicurezza necessari in ogni posto di lavoro.

 

In conclusione

Per ogni contesto lavorativo, il medico del lavoro dovrebbe essere messo in grado di poter sviluppare un programma di formazione al pronto soccorso adeguato, tenendo conto delle caratteristiche peculiare dell’ambiente e dei rischi che esso presenta.

Più ancora, si evidenzia la necessità di corsi di aggiornamento teorici e pratici più frequenti per i fruitori finali.

FONTE: Paolo Losa

rischio videoterminale

Rischio Videoterminale

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Rischio Videoterminale: normative vigenti e strumenti da utilizzare nella sorveglianza sanitaria.

Videoterminalisti e medici del lavoro

rischio videoterminale

rischio videoterminale

: l’aumento dei primi ha portato importanti cambiamenti nel lavoro dei secondi. Con la diffusione di professioni e mansioni che prevedono l’uso di un videoterminale sono infatti cambiate le modalità con cui si svolge la sorveglianza sanitaria, uno dei principali compiti dei medici del lavoro.

La “sorveglianza sanitaria” si può riassumere in tutti gli atti medici che il medico competente compie allo scopo di tutelare lo “stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro”: questo è quanto stabilisce il Decreto Legislativo 81/08 e s.m.i.

Il compito del medico del lavoro prevede quindi un’analisi approfondita con delle mansioni dei videoterminalisti, prestando attenzione alle caratteristiche generali della professioni come alle specifiche dell’ambiente lavorativo. Il medico del lavoro rileva così tutte le varie criticità e i possibili rischi per la vista legati a tale ruolo.

Videoterminalisti e medici del lavoro: definizioni

Per quanto riguarda il medico competente è fondamentale cosa si intenda per “videoterminalista”: secondo la normativa, la definizione include ogni lavoratore che utilizzi un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per almeno venti ore settimanali. L’orario di attività al videoterminale deve inoltre tenere conto della pausa di quindici minuti prevista ogni due ore di applicazione continuativa al videoterminale: si tratta di interruzioni previste dalla legge e di cui il medico del lavoro deve sempre verificare il rispetto.

Altro obiettivo fondamentale della sorveglianza sanitari per videoterminalisti è la verifica di assenza di fenomeni di discomfort: il medico del lavoro deve cioè assicurarsi che l’addetto al videoterminale non sia soggetto a fattori esterni che possono essere causa di stress fisico o psicologico. In questo modo, il medico del lavoro garantisce l’idoneità del lavoratore nel tempo.

Videoterminalisti e medici del lavoro: collaborazioni con specialisti della vista

Per mettere in evidenza tutte le situazioni a rischio nell’attività degli addetto al videoterminale, il medico del lavoro può avvalersi della consulenza professionisti del settore (es. oftalmologi). Una collaborazione di questo tipo aumenta la possibilità che la valutazione dei rischi sia completa e approfondita e, di conseguenza, permette al medico del lavoro di effettuare diagnosi precoci, prescrizioni di correzioni ottiche ed eventualmente training ortottico.

Come previsto anche dal Decreto Legislativo 81/08, il compito di coordinare i vari specialisti coinvolti rimane nello screening dei videoterminalisti è del medico del lavoro, al quale spetta inoltre il rilascio (e in seguito il rinnovo) dell’idoneità alla mansione specifica.
In questo senso, il medico del lavoro può servirsi di strumenti quali il test per la refrazione (ovvero la messa a fuoco) e per la motilità oculare (ossia la capacità dei due occhi di lavorare assieme), ovvero le due funzioni che l’occhio utilizza di più durante l’attività al videoterminale.

(Fonte: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2012/12/MCJ-3_12.pdf )

trauma acustico

Trauma acustico sul posto di lavoro

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Trauma acustico sul lavoro: consigli e linee guida per il medico del lavoro sulla prevenzione di danni all’udito.

Trauma acustico

trauma acustico

trauma acustico

, sordità professionale o, in gergo tecnico, ipoacusia: per i medici del lavoro, è uno dei problemi più diffusi e frequenti, soprattutto in certi contesti aziendali.
Com’è facile immaginare, il trauma acustico è solitamente dovuto all’esposizione prolungata a suoni intensi. Esistono varie tipologie di trauma acustico, da quelle più lievi a quelle gravi, che possono comportare danni a lungo termine.

La sordità professionale derivante da trauma acustico è una delle malattie professionali più “anziane”. I primi studi compiuti dai medici del lavoro risalgono agli anni Settanta, quando si cominciano a porre le basi per la valutazione del rischio professionale tramite l’analisi di audiogrammi. In particolare, lo studio di due medici (Johnson e Harris) evidenziò come il 36% dei lavoratori che venivano esposti a un rumore di 95 decibel maturasse, negli anni, una perdita dell’udito di oltre 25 decibel alle frequenze critiche per la voce parlata (500, 1000, 2000 Hz).

Esistono diverse di tipologie di trauma acustico. In particolari si distingue tra trauma acustico cronico e acuto: nel primo caso, il lavoratore viene esposto a rumori di intensità superiore a 85 decibel per lunghi periodi di tempi; nel secondo caso, il lavoratore viene esposto a onde sonore di intensità superiore a 120 decibel per un breve periodo.

Trauma acustico sul lavoro: la valutazione del rischio

Il primo compito del medico competente incaricato di prevenire i traumi acustici è la valutazione del rischio. Il medico del lavoro esegue una mappatura dell’ambiente, rilevando le eventuali fonti di rumori forti, e fornisce ai lavoratori tutte le indicazioni per prevenire.
L’analisi viene eseguita dal medico competente anche con l’ausilio di strumenti quali l’audiometria tonale, ossia la misurazione della capacità uditiva mediante toni puri: scopo di questa analisi è rilevare l’intensità sonora minima che, ad una determinata frequenza di suono, possa suscitare in una sensazione uditiva. Sulla base di questa soglia, il medico del lavoro può stabilire con precisione i fattori di rischio che possono causare traumi acustici.
Molto importante, in questa procedura, è la distinzione legislativa tra concetti di “rischio” e “pericolo”: nel primo caso si intende la possibilità che l’evento si verifichi, nel secondo caso si intende invece la certezza.

Trauma acustico: le linee guida ISPESL

Il medico del lavoro che deve confrontarsi con traumi acustici può trovare utili linee guida nelle indicazioni dell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro): di conseguenza, i rumori forti sul posto di lavoro non sono solamente causa di trauma acustico ma vengono considerati un vero e proprio agente fisico che può aggravare altri fattori di rischio (es. difficoltà di udire segnali d’allarme sonori).

La prevenzione della sordità professionale derivante da traumi acustici sul posto di lavoro si compone di varie fasi, in cui il medico del lavoro deve fare uso di strumenti e sistemi di calcolo precisi e di conoscenze specifiche: solo a seguito di un’analisi approfondita dei rischi all’interno dell’ambiente lavorativo sarà possibile fornire ai lavoratori le giuste misure di protezione.

burocrazia nella medicina del lavoro

Burocrazia nella medicina del lavoro

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I medici del lavoro di oggi hanno bisogno di semplificazione della burocrazia e ottimizzazione delle energie!

Lo dice l’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti.

È la burocrazia uno dei principali ostacoli all’attività svolta dai medici del lavoro.

burocrazia nella medicina del lavoro

burocrazia nella medicina del lavoro

Come anche altri settori professionali del sistema Italia, anche la medicina del lavoro risente della lentezza della burocrazia nostrana.

Non a caso sono state molte, negli anni, le contromisure adottate per tentare di snellire le procedure e semplificare l’iter burocratico che il medico del lavoro deve seguire. A tali contromisure non sono mai seguiti cambiamenti significativi: anzi, nel confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia si trova una volta di più a pagare una legislazione troppo rigida e e complessa. I medici del lavoro italiani sarebbero quindi tenuti a imporre la regolamentazione facendo uso di una varietà di sanzioni e provvedimenti penali.

Medici del lavoro e burocrazia: situazione in Europa

I medici del lavoro di molti paesi esteri possono avvantaggiarsi di un’impostazione burocratica più elastica e ottimizzata. In sostanza, ai medici del lavoro vengono “imposti” solamente dei regolamenti di base e degli obiettivi da raggiungere: sta poi ai medici assicurarsi di conseguire tali obiettivi facendo l’uso migliore delle proprie competenze.

Questo approccio permette ai medici competenti una maggiore libertà di manovra e, nella lunga distanza, una maggiore efficienza e qualità del lavoro. È opinione diffusa che un cambio di direzione del sistema burocratico italiano verso una direzione analoga sia da auspicare: i (numerosi) regolamenti verrebbero applicate con più efficienza e si assisterebbe ad una maggiore consapevolezza degli stessi medici del lavoro.

A seguito di quanto sopra, lo stesso Segretario Nazionale dell’ANMA precisa che alla semplificazione della burocrazia e all’alleggerimento delle procedure non deve in alcun modo corrispondere “il venir meno al rispetto dei livelli inderogabili di tutela”.

Pacchetto semplificazioni per la sicurezza sul posto di lavoro

Le amministrazioni più recenti hanno ascoltato alle critiche delle varie associazioni di settore e hanno incluso anche i medici del lavoro nel “pacchetto semplificazioni”, ovvero la proposta di legge che ha come obiettivo lo snellimento burocratico in ambito di sicurezza sul posto di lavoro.

Ad oggi, le misure adottate non hanno purtroppo portato ai risultati sperati: al contrario, i regolamenti derivati dall’aggiornamento della legge del 2012 hanno inasprito ulteriormente l’impianto sanzionatorio per i medici competenti. Più che mai, si acuisce quindi la necessità di un rammodernamento della struttura burocratica e sanzionatoria per i medici del lavoro italiani.

Fonte: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2014/04/interno-mcj-3_2014.pdf

Il medico del lavoro e lo stress lavoro correlato

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Il medico del lavoro e la valutazione del rischio di stress lavoro correlato.

stress lavoro correlato

stress lavoro correlato

Per il medico del lavoro, lo stresso lavoro correlato è uno degli argomenti più attuali e discussi. È un dato di fatto che un ambiente lavorativo che presenti un alto livello di stress (qualsiasi siano le cause) comporta dei rischi concreti per la sicurezza del lavoratore ed è per questo motivo che alcuni sforzi sono stati fatti in questa direzione attraverso una campagna europea come riporta il sito dell’inail. Resta da capire come sia possibile, per il medico del lavoro, misurare lo stress lavoro correlato: esistono normative precise a cui il medico competente possa fare riferimento nella valutazione di questa tipologia di rischio?

Stress lavoro correlato: indicazioni per il medico del lavoro.

Alcune utili linee guida arrivano dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza, che nel 2010 ha cercato di definire i dettagli di un percorso metodologico a cui il medico del lavoro possa fare riferimento. Tra le più importanti decisioni prese dalla Commissione c’è la creazione di un gruppo di valutazione per ogni realtà lavorativa: un team di persone che includa il medico del lavoro designato dall’azienda e tutti i lavoratori e i dirigenti con responsabilità correlate alla sicurezza.

La “formazione” del gruppo che deve valutare la presenza di stress lavoro correlato deve contenere al suo interno un medico del lavoro certificato e autorizzato, un incaricato di Prevenzione e Protezione all’interno dell’azienda e un rappresentante dei lavoratori. A costoro si possono aggiungere eventuali professionisti esterni.

Ognuna delle figure coinvolte nel gruppo di valutazione ha il compito di coordinarsi con tutti gli altri, mettendo a disposizione le proprie competenze e la propria esperienza allo scopo di rilevare con obiettività il rischio di stress lavoro correlato nel proprio contesto lavorativo, mentre al datore di lavoro spetta infine il compito di coordinare l’intero gruppo di valutazione.

Valutazione di stress lavoro correlato

La valutazione di stress lavoro correlato vede il medico del lavoro come principale attore del processo. Suo è infatti il compito di porre le basi per un’analisi estesa e dettagliata delle varie attività svolte dai lavoratori, unendo i contributi di tutti gli altri membri. Il medico del lavoro deve assicurarsi che la valutazione del rischio di stress lavoro correlato venga fatta in stretta relazione con le caratteristiche del settore di riferimento e del posto di lavoro stesso.

Affinché quanto sopra descritto sia possibile, è fondamentale che il medico del lavoro possa contare su un dialogo costante e aperto con la dirigenza e che quest’ultima si dimostri attenta e sollecita alle segnalazione dello stesso medico competente e, soprattutto, ai risultati riportati nel documento di Valutazione del Rischio da Stress Lavoro Correlato.

In caso contrario, c’è il rischio che gli sforzi compiuti dal gruppo di valutazione siano viziati dalla poca attenzione, aprendo il fianco ai controlli (e relative sanzioni) degli organi predisposti alla supervisione.

 

Corso di formazione per ASPP/ RLS nelle scuole della Provincia di Rovigo

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Corso di formazione per ASPP/ RLS nelle scuole della Provincia di Rovigo: la sorveglianza sanitaria della lavoratrice in gravidanza e del lavoratore disabile

Tra le attività di medico competente oltre alla sorveglianza sanitaria è prevista dalla normativa vigente anche l’attività di formazione e informazione rivolta ai lavoratori.

Da qualche mese collaboro con molto piacere con il SIRVESS, cioè il Sistema di Riferimento Veneto per la Sicurezza nelle Scuole in particolare quelle della provincia di Rovigo. In questa provincia svolgo l’attività di medico competente del lavoro per un paio di scuole, occupandomi della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi specifici (in particolare videoterminalisti e addetti ai laboratori). Da tale collaborazione è nata l’idea di organizzare una giornata di aggiornamento per Addetti al servizione prevenzione e protezione (Aspp) e per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Ho proposto di parlare di alcuni argomenti che non sono abitualmente tra i temi trattati nei corsi di formazione relativi la sicurezza: la sorveglianza sanitaria della donna in gravidanza e la sorveglianza sanitaria del lavoratore disabile, sottolinenando in modo particolare il ruolo svolto dal medico del lavoro nella gestione di questi lavoratori che in via transitoria o definitiva si trovano ipersuscettibili ai rischi presenti nel luogo di lavoro. L’incontro si è tenuto il giorno 6 maggio 2013 presso Istituto de Amicis di Rovigo. Ho aperto l’incontro con una parte introduttiva generale che riguardava la definizione di medico competente, di medico del lavoro e di sorveglianza sanitaria, sottolinenando come quest’ultima è obbligatoria solo nei casi previsti dalla normativa vigente e come il protocollo  di sorveglianza sanitaria debba poggiare sicuramente sulla valutazione dei rischi.

Come definizione di sorveglianza sanitaria possiamo dire che è la ricerca di alterazioni precliniche negli organi prima che si manifesti la malattia. Per quanto riguarda la gestione della donna lavoratrice in gravidanza bisogna far riferimento al Decreto Legislativo 151/2001, chiamato Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Il D. Lgs 151/2001 parte dal presupposto che il datore di lavoro di (artt.11 e 12 T.U.) di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a 7 mesi dopo il parto, di adottare misure necessarie per evitare l’esposizione a rischio e di informare le lavoratrici e i rappresentanti per la sicurezza sui risultati della valutazione. Tale principio viene è ripreso anche dal D. Lgs 81/2008 in particolare all’art. 28 dove si scrive che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori compresi quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza.

Quale ruolo può avere il medico competente del lavoro?

Sicuramente quello di partecipare alla valutazione dei rischi, supportando in tale attività il datore di lavoro e il RSPP; poi quello di informazione e formazione nei confronti del datore di lavoro ma anche e soprattutto nei confronti delle lavoratrici, sfruttando a tal fine anche il tempo riservato alle visite mediche; altra attività è quella certificativa, come quella relativa alla flessibilità del congedo di maternità in cui il medico competente deve attestare che il proseguimento dell’attività lavorativa non ha un effetto pregiudizievole per la salute della gestante e del nascituro.

Nella seconda parte dell’incontro è stato approffondito il compito del medico competente nella gestione del lavoratore disabile; il medico competente ha un ruolo fondamentale nell’inserimento del lavoratore con qualche tipo di disabilità. Il medico competente dovrà valutare le capacità residue del lavoratore, rapportarsi con le altre figure aziendali deputate alla prevenzione e sicurezza e seguire l’inserimento del disabile valutandone l’evoluzione nel tempo.

I protocolli sanitari nello svolgimento della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente del lavoro

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Da medico competente del lavoro che lavora nel settore da alcuni anni trovo che sia fondamentale utilizzare i protocolli sanitari come strumento guida per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria.  I protocolli sanitari dovrebbero aiutare il medico del lavoro nello svolgimento quotidiano della sua attività al fine di offrire un servizio di medicina del lavoro sempre più appropriato alle aziende.

Cosa intendiamo per protocollo sanitario?

Si tratta di uno strumento per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria che comprende:

  • una visita specialistica di medicina del lavoro;
  • l’uso di questionari;
  • esami integrativi di laboratorio;
  • esami integrativi strumentali.

 

La stesura dei protocolli sanitari rappresenta una delle fasi più critiche delle attività del medico competente del lavoro. I protocolli sanitari devono essere intesi come una linea guida principale, integrata dal parere del medico competente nominato dal datore di lavoro che, in base alla particolare realtà del luogo di lavoro, può modificarla o compensarla con gli accertamenti sanitari che può ritenere opportuni, sia nel tipo di esame che nella sua frequenza nel tempo. Il medico competente del lavoro ha l’obbligo di definire i protocolli sanitari in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati.

Quindi per realizzare questo importante lavoro il medico del lavoro dovrà valutare il documento di valutazione dei rischi, le schede di sicurezza delle varie sostanze utilizzate, effettuare i sopralluoghi degli ambienti di lavoro, parlare con dirigenti, preposti e lavoratori.

 

Il medico competente per decidere quale tipo di accertamenti strumentali eseguire ad integrazione della visita di medicina del lavoro dovrà fare riferimento agli indirizzi scientifici e seguire le linee guida più aggiornate. Quindi per un medico competente  è importante essere iscritti ad un’associazione professionale che ne guidi l’aggiornamento e la omogeneizzazione delle pratiche.

Io sono iscritto da alcuni anni all’ ANMA, Associazione Nazionale Medici d’Azienda, di cui seguo costantemente l’attività formativa obbligatoria sia presenziale che a distanza. Quello che bisogna ridurre il più possibile è la discrezionalità del medico competente del lavoro nel proporre accertamenti che non siano coerenti al rischio specifico dell’azienda in questione.

Domande frequenti che pongono le aziende o le associazioni di categoria sono:

  • quali esami può richiedere il medico competente?
  • quali protocolli di esami clinici sono necessari nelle diverse occupazioni?

Nella stesura di un protocollo sanitario il medico del lavoro deve mantenere un giusto equilibrio evitando di definire un protocollo sanitario non sufficientemente tutelante per la salute del lavoratore ed evitando di redigere un protocollo ridondante e carico di esami integrativi non correlati al rischio lavorativo.  

Uno degli aspetti più difficili per il medico competente è dato dal fatto che non esistono molti esami  veramente specifici in relazioni ai rischi lavorativi: ad esempio il monitoraggio biologico può essere eseguito per un numero limitato di sostanze chimiche. Gli esami quando vengono richiesti dal medico del lavoro sono a carico del datore; nella mia attività di medico competente cerco di far “evitare doppioni” qualora gli accertamenti siano già stati eseguiti per altre finalità di salute dal lavoratore.

Chi fosse interessato può chiedermi liberamente una proposta di protocollo sanitario da seguire nella propria realtà, ricordandosi comunque che è sempre necessario conoscere i rischi specifici e che in base a questi il medico competente calibrerà gli accertamenti  più appropriati da far eseguire nello svolgimento della sorveglianza sanitaria.

I protocolli sanitari devono essere interpretati come una linea guida seguita dal medico competente nominato dal datore di lavoro che, in base ai particolari rischi aziendali può modificarla o integrarla con gli accertamenti sanitari che può ritenere appropriati, sia nel tipo di esame che nella sua frequenza nel tempo.