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Decreto legislativo 81 del 2008

Decreto legislativo 81 del 2008: cosa dice la normativa

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Il decreto legislativo 81 del 2008, testo unico sulla sicurezza sul lavoro

Medici competenti e sorveglianza sanitaria obbligatoria: la normativa prevista nel testo unico del Decreto Legislativo 81/08.

Il Decreto Legislativo 81 del 2008 fornisce tutte le indicazioni per il medico competente e il Datore di lavoro riguardanti la sorveglianza sanitaria obbligatoria e, più importante le  conseguenze giuridiche della mancata attivazione della sorveglianza sanitaria obbligatoria.

Ad oggi, infatti, le indicazioni fornite dal Decreto Legislativo 81 del 2008 sono spesso frutto di dubbi e incertezze presso i Datori di lavoro, che spesso portato a termina la procedura di valutazione dei rischi senza tuttavia procedere ad attivare la sorveglianza sanitaria, incorrendo in sanzioni giuridiche anche gravi.

 

Decreto legislativo 81 del 2008: le sanzioni

Nel caso che un Datore di lavoro manchi di nominare un responsabile della sorveglianza sanitaria, può incorrere in conseguenze penali quali ammenda (da 1500 a 6000 €) o arresto (da 2 a 4 mesi).

Risulta quindi evidente che l’obbligo di  sorveglianza sanitaria non può essere ignorato dal Datore di lavoro che ha effettuato una valutazione dei rischi nella quale sono presenti i suddetti rischi. Nel caso ci sia effettivamente il dubbio, Il Datore di lavoro deve rivedere il proprio documento di valutazione dei rischi e confrontarlo con quanto prescritto nel Decreto Legislativo 81 del 2008. Può essere utile in questi casi chiedere l’ausilio di un medico competente e coinvolgere eventualmente il lavoratore incaricato del ruolo di RSPP.

 

RSPP e decreto legislativo 81 del 2008

Il Decreto Legislativo 81 del 2008 fornisce importanti indicazioni anche in merito alla nomina di un medico competente preposto alla sorveglianza sanitaria. Il Testo unico stabilisce che il ruolo e i compiti del responsabile della sorveglianza sanitaria cambino in base alla tipologia e alla dimensione dell’azienda interessata.

Nelle imprese di dimensioni contenute, il Decreto Legislativo 81 del 2008 permette che il ruolo dell’RSPP sia coperto dallo stesso datore di lavoro. Nello specifico, ricadono in questa regola:

  • Industrie e imprese artigiane con meno di 30 dipendenti;
  • aziende agricole e/o zootecniche con meno di 10 dipendenti;
  • imprese ittiche con meno di 20 impiegati;
  • aziende di altre tipologie che abbiano in organico fino a un massimo di 20 dipendenti.

 

Per tutte le imprese non contemplate nella lista, il Decreto Legislativo 81 del 2008 permette che il ruolo dell’RSPP ricada su uno dei dipendenti dell’azienda. In alternativa il Datore di lavoro può decidere di affidare il compito ad un medico competente.

In ogni caso, affinché si rispetti quanto stabilito dal Decreto Legislativo 81 del 2008, è necessario che l’RSPP soddisfi dei requisiti di competenza: deve quindi aver frequentato uno corso di formazione specifico della durata di 16-48 ore (a seconda della tipologia di azienda) in cui si analizzano gli standard di sicurezza sui luoghi di lavoro.

(Fonte: http://www.quidsicurezza.it/legislazione/sorveglianza-sanitaria-nominare-medico-competente/#.V2RrjB8zrCI )

rspp datore di lavoro

RSPP datore di lavoro: indicazioni per sicurezza in azienda

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Quando RSPP è il datore di lavoro secondo il decreto 81/08

 

Normativa e regolamenti per il Datore di lavoro nel ruolo di RSPP: formazione e responsabilità del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

Tra i principali attore della sorveglianza sanitaria sul posto di lavoro c’è l’RSPP. In alcuni casi, definiti dalla Legge, il ruolo dell’RSPP può essere coperto dal datore di lavoro. Secondo quanto definito all’articolo 2 del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D. Lgs. 81/08), l’RSPP è la “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali […] designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.” In sostanza, l’RSPP Datore di lavoro è la figura centrale della sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro: ad esso spettano le responsabilità di rilevare eventuali fattori di rischio e progettare eventuali misure di prevenzione.

 

RSPP Datore di lavoro: cosa prevede la normativa

Le responsabilità dell’RSPP cambiano in base alla tipologia e alla dimensione di azienda. Nel caso si tratti di aziende di dimensioni contenute, è pratica comune che la responsabilità della sorveglianza sanitaria ricada appunto sul Datore di lavoro. In particolare, si parla di RSPP Datore di lavoro nei seguenti casi.

  • Industrie e imprese artigiane con meno di 30 dipendenti;
  • aziende agricole e/o zootecniche con meno di 10 dipendenti;
  • imprese ittiche con meno di 20 impiegati;
  • aziende di altre tipologie che abbiano in organico fino a un massimo di 20 dipendenti.

 

Per tutti i contesti aziendali non inclusi nella lista, la sorveglianza sanitaria diventa responsabilità di un delegato dei dipendenti dell’azienda. In alternativa, il Datore di lavoro può stabilire di affidare il compito ad un medico competente.

 

Decreto 81/08: formazione per sorveglianza sanitaria

Il ruolo dell’RSPP può quindi essere coperto dal datore di lavoro, da un dipendente o dal medico del lavoro: in ogni caso, è necessario che il responsabile della sicurezza sul posto di lavoro soddisfi dei requisiti di competenza stabilita dal decreto 81/08. In particolare, l’RSPP Datore di lavoro o il dipendente incaricato devono aver frequentato uno specifico corso di formazione della durata di 16-48 ore (in base alla tipologia di azienda) in cui si forniscono informazioni sugli standard di sicurezza sul posto di lavoro.

 

In conclusione, l’RSPP Datore di lavoro, o il responsabile della sorveglianza sanitaria delegato, deve conoscere bene l’azienda e le attività quotidiane che vi vengono svolte, avendo così le idee chiare sui rischi contingenti. Altrettanto importanti sono formazione e aggiornamento: l’RSPP Datore di lavoro deve infatti essere sempre informato circa le normative in vigore e la sua preparazione deve essere certificata.

rischio videoterminale

Rischio Videoterminale

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Rischio Videoterminale: normative vigenti e strumenti da utilizzare nella sorveglianza sanitaria.

Videoterminalisti e medici del lavoro

rischio videoterminale

rischio videoterminale

: l’aumento dei primi ha portato importanti cambiamenti nel lavoro dei secondi. Con la diffusione di professioni e mansioni che prevedono l’uso di un videoterminale sono infatti cambiate le modalità con cui si svolge la sorveglianza sanitaria, uno dei principali compiti dei medici del lavoro.

La “sorveglianza sanitaria” si può riassumere in tutti gli atti medici che il medico competente compie allo scopo di tutelare lo “stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro”: questo è quanto stabilisce il Decreto Legislativo 81/08 e s.m.i.

Il compito del medico del lavoro prevede quindi un’analisi approfondita con delle mansioni dei videoterminalisti, prestando attenzione alle caratteristiche generali della professioni come alle specifiche dell’ambiente lavorativo. Il medico del lavoro rileva così tutte le varie criticità e i possibili rischi per la vista legati a tale ruolo.

Videoterminalisti e medici del lavoro: definizioni

Per quanto riguarda il medico competente è fondamentale cosa si intenda per “videoterminalista”: secondo la normativa, la definizione include ogni lavoratore che utilizzi un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per almeno venti ore settimanali. L’orario di attività al videoterminale deve inoltre tenere conto della pausa di quindici minuti prevista ogni due ore di applicazione continuativa al videoterminale: si tratta di interruzioni previste dalla legge e di cui il medico del lavoro deve sempre verificare il rispetto.

Altro obiettivo fondamentale della sorveglianza sanitari per videoterminalisti è la verifica di assenza di fenomeni di discomfort: il medico del lavoro deve cioè assicurarsi che l’addetto al videoterminale non sia soggetto a fattori esterni che possono essere causa di stress fisico o psicologico. In questo modo, il medico del lavoro garantisce l’idoneità del lavoratore nel tempo.

Videoterminalisti e medici del lavoro: collaborazioni con specialisti della vista

Per mettere in evidenza tutte le situazioni a rischio nell’attività degli addetto al videoterminale, il medico del lavoro può avvalersi della consulenza professionisti del settore (es. oftalmologi). Una collaborazione di questo tipo aumenta la possibilità che la valutazione dei rischi sia completa e approfondita e, di conseguenza, permette al medico del lavoro di effettuare diagnosi precoci, prescrizioni di correzioni ottiche ed eventualmente training ortottico.

Come previsto anche dal Decreto Legislativo 81/08, il compito di coordinare i vari specialisti coinvolti rimane nello screening dei videoterminalisti è del medico del lavoro, al quale spetta inoltre il rilascio (e in seguito il rinnovo) dell’idoneità alla mansione specifica.
In questo senso, il medico del lavoro può servirsi di strumenti quali il test per la refrazione (ovvero la messa a fuoco) e per la motilità oculare (ossia la capacità dei due occhi di lavorare assieme), ovvero le due funzioni che l’occhio utilizza di più durante l’attività al videoterminale.

(Fonte: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2012/12/MCJ-3_12.pdf )

trauma acustico

Trauma acustico sul posto di lavoro

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Trauma acustico sul lavoro: consigli e linee guida per il medico del lavoro sulla prevenzione di danni all’udito.

Trauma acustico

trauma acustico

trauma acustico

, sordità professionale o, in gergo tecnico, ipoacusia: per i medici del lavoro, è uno dei problemi più diffusi e frequenti, soprattutto in certi contesti aziendali.
Com’è facile immaginare, il trauma acustico è solitamente dovuto all’esposizione prolungata a suoni intensi. Esistono varie tipologie di trauma acustico, da quelle più lievi a quelle gravi, che possono comportare danni a lungo termine.

La sordità professionale derivante da trauma acustico è una delle malattie professionali più “anziane”. I primi studi compiuti dai medici del lavoro risalgono agli anni Settanta, quando si cominciano a porre le basi per la valutazione del rischio professionale tramite l’analisi di audiogrammi. In particolare, lo studio di due medici (Johnson e Harris) evidenziò come il 36% dei lavoratori che venivano esposti a un rumore di 95 decibel maturasse, negli anni, una perdita dell’udito di oltre 25 decibel alle frequenze critiche per la voce parlata (500, 1000, 2000 Hz).

Esistono diverse di tipologie di trauma acustico. In particolari si distingue tra trauma acustico cronico e acuto: nel primo caso, il lavoratore viene esposto a rumori di intensità superiore a 85 decibel per lunghi periodi di tempi; nel secondo caso, il lavoratore viene esposto a onde sonore di intensità superiore a 120 decibel per un breve periodo.

Trauma acustico sul lavoro: la valutazione del rischio

Il primo compito del medico competente incaricato di prevenire i traumi acustici è la valutazione del rischio. Il medico del lavoro esegue una mappatura dell’ambiente, rilevando le eventuali fonti di rumori forti, e fornisce ai lavoratori tutte le indicazioni per prevenire.
L’analisi viene eseguita dal medico competente anche con l’ausilio di strumenti quali l’audiometria tonale, ossia la misurazione della capacità uditiva mediante toni puri: scopo di questa analisi è rilevare l’intensità sonora minima che, ad una determinata frequenza di suono, possa suscitare in una sensazione uditiva. Sulla base di questa soglia, il medico del lavoro può stabilire con precisione i fattori di rischio che possono causare traumi acustici.
Molto importante, in questa procedura, è la distinzione legislativa tra concetti di “rischio” e “pericolo”: nel primo caso si intende la possibilità che l’evento si verifichi, nel secondo caso si intende invece la certezza.

Trauma acustico: le linee guida ISPESL

Il medico del lavoro che deve confrontarsi con traumi acustici può trovare utili linee guida nelle indicazioni dell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro): di conseguenza, i rumori forti sul posto di lavoro non sono solamente causa di trauma acustico ma vengono considerati un vero e proprio agente fisico che può aggravare altri fattori di rischio (es. difficoltà di udire segnali d’allarme sonori).

La prevenzione della sordità professionale derivante da traumi acustici sul posto di lavoro si compone di varie fasi, in cui il medico del lavoro deve fare uso di strumenti e sistemi di calcolo precisi e di conoscenze specifiche: solo a seguito di un’analisi approfondita dei rischi all’interno dell’ambiente lavorativo sarà possibile fornire ai lavoratori le giuste misure di protezione.

Il medico del lavoro e lo stress lavoro correlato

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Il medico del lavoro e la valutazione del rischio di stress lavoro correlato.

stress lavoro correlato

stress lavoro correlato

Per il medico del lavoro, lo stresso lavoro correlato è uno degli argomenti più attuali e discussi. È un dato di fatto che un ambiente lavorativo che presenti un alto livello di stress (qualsiasi siano le cause) comporta dei rischi concreti per la sicurezza del lavoratore ed è per questo motivo che alcuni sforzi sono stati fatti in questa direzione attraverso una campagna europea come riporta il sito dell’inail. Resta da capire come sia possibile, per il medico del lavoro, misurare lo stress lavoro correlato: esistono normative precise a cui il medico competente possa fare riferimento nella valutazione di questa tipologia di rischio?

Stress lavoro correlato: indicazioni per il medico del lavoro.

Alcune utili linee guida arrivano dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza, che nel 2010 ha cercato di definire i dettagli di un percorso metodologico a cui il medico del lavoro possa fare riferimento. Tra le più importanti decisioni prese dalla Commissione c’è la creazione di un gruppo di valutazione per ogni realtà lavorativa: un team di persone che includa il medico del lavoro designato dall’azienda e tutti i lavoratori e i dirigenti con responsabilità correlate alla sicurezza.

La “formazione” del gruppo che deve valutare la presenza di stress lavoro correlato deve contenere al suo interno un medico del lavoro certificato e autorizzato, un incaricato di Prevenzione e Protezione all’interno dell’azienda e un rappresentante dei lavoratori. A costoro si possono aggiungere eventuali professionisti esterni.

Ognuna delle figure coinvolte nel gruppo di valutazione ha il compito di coordinarsi con tutti gli altri, mettendo a disposizione le proprie competenze e la propria esperienza allo scopo di rilevare con obiettività il rischio di stress lavoro correlato nel proprio contesto lavorativo, mentre al datore di lavoro spetta infine il compito di coordinare l’intero gruppo di valutazione.

Valutazione di stress lavoro correlato

La valutazione di stress lavoro correlato vede il medico del lavoro come principale attore del processo. Suo è infatti il compito di porre le basi per un’analisi estesa e dettagliata delle varie attività svolte dai lavoratori, unendo i contributi di tutti gli altri membri. Il medico del lavoro deve assicurarsi che la valutazione del rischio di stress lavoro correlato venga fatta in stretta relazione con le caratteristiche del settore di riferimento e del posto di lavoro stesso.

Affinché quanto sopra descritto sia possibile, è fondamentale che il medico del lavoro possa contare su un dialogo costante e aperto con la dirigenza e che quest’ultima si dimostri attenta e sollecita alle segnalazione dello stesso medico competente e, soprattutto, ai risultati riportati nel documento di Valutazione del Rischio da Stress Lavoro Correlato.

In caso contrario, c’è il rischio che gli sforzi compiuti dal gruppo di valutazione siano viziati dalla poca attenzione, aprendo il fianco ai controlli (e relative sanzioni) degli organi predisposti alla supervisione.

 

Corso di formazione per ASPP/ RLS nelle scuole della Provincia di Rovigo

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Corso di formazione per ASPP/ RLS nelle scuole della Provincia di Rovigo: la sorveglianza sanitaria della lavoratrice in gravidanza e del lavoratore disabile

Tra le attività di medico competente oltre alla sorveglianza sanitaria è prevista dalla normativa vigente anche l’attività di formazione e informazione rivolta ai lavoratori.

Da qualche mese collaboro con molto piacere con il SIRVESS, cioè il Sistema di Riferimento Veneto per la Sicurezza nelle Scuole in particolare quelle della provincia di Rovigo. In questa provincia svolgo l’attività di medico competente del lavoro per un paio di scuole, occupandomi della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi specifici (in particolare videoterminalisti e addetti ai laboratori). Da tale collaborazione è nata l’idea di organizzare una giornata di aggiornamento per Addetti al servizione prevenzione e protezione (Aspp) e per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Ho proposto di parlare di alcuni argomenti che non sono abitualmente tra i temi trattati nei corsi di formazione relativi la sicurezza: la sorveglianza sanitaria della donna in gravidanza e la sorveglianza sanitaria del lavoratore disabile, sottolinenando in modo particolare il ruolo svolto dal medico del lavoro nella gestione di questi lavoratori che in via transitoria o definitiva si trovano ipersuscettibili ai rischi presenti nel luogo di lavoro. L’incontro si è tenuto il giorno 6 maggio 2013 presso Istituto de Amicis di Rovigo. Ho aperto l’incontro con una parte introduttiva generale che riguardava la definizione di medico competente, di medico del lavoro e di sorveglianza sanitaria, sottolinenando come quest’ultima è obbligatoria solo nei casi previsti dalla normativa vigente e come il protocollo  di sorveglianza sanitaria debba poggiare sicuramente sulla valutazione dei rischi.

Come definizione di sorveglianza sanitaria possiamo dire che è la ricerca di alterazioni precliniche negli organi prima che si manifesti la malattia. Per quanto riguarda la gestione della donna lavoratrice in gravidanza bisogna far riferimento al Decreto Legislativo 151/2001, chiamato Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Il D. Lgs 151/2001 parte dal presupposto che il datore di lavoro di (artt.11 e 12 T.U.) di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a 7 mesi dopo il parto, di adottare misure necessarie per evitare l’esposizione a rischio e di informare le lavoratrici e i rappresentanti per la sicurezza sui risultati della valutazione. Tale principio viene è ripreso anche dal D. Lgs 81/2008 in particolare all’art. 28 dove si scrive che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori compresi quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza.

Quale ruolo può avere il medico competente del lavoro?

Sicuramente quello di partecipare alla valutazione dei rischi, supportando in tale attività il datore di lavoro e il RSPP; poi quello di informazione e formazione nei confronti del datore di lavoro ma anche e soprattutto nei confronti delle lavoratrici, sfruttando a tal fine anche il tempo riservato alle visite mediche; altra attività è quella certificativa, come quella relativa alla flessibilità del congedo di maternità in cui il medico competente deve attestare che il proseguimento dell’attività lavorativa non ha un effetto pregiudizievole per la salute della gestante e del nascituro.

Nella seconda parte dell’incontro è stato approffondito il compito del medico competente nella gestione del lavoratore disabile; il medico competente ha un ruolo fondamentale nell’inserimento del lavoratore con qualche tipo di disabilità. Il medico competente dovrà valutare le capacità residue del lavoratore, rapportarsi con le altre figure aziendali deputate alla prevenzione e sicurezza e seguire l’inserimento del disabile valutandone l’evoluzione nel tempo.

I protocolli sanitari nello svolgimento della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente del lavoro

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Da medico competente del lavoro che lavora nel settore da alcuni anni trovo che sia fondamentale utilizzare i protocolli sanitari come strumento guida per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria.  I protocolli sanitari dovrebbero aiutare il medico del lavoro nello svolgimento quotidiano della sua attività al fine di offrire un servizio di medicina del lavoro sempre più appropriato alle aziende.

Cosa intendiamo per protocollo sanitario?

Si tratta di uno strumento per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria che comprende:

  • una visita specialistica di medicina del lavoro;
  • l’uso di questionari;
  • esami integrativi di laboratorio;
  • esami integrativi strumentali.

 

La stesura dei protocolli sanitari rappresenta una delle fasi più critiche delle attività del medico competente del lavoro. I protocolli sanitari devono essere intesi come una linea guida principale, integrata dal parere del medico competente nominato dal datore di lavoro che, in base alla particolare realtà del luogo di lavoro, può modificarla o compensarla con gli accertamenti sanitari che può ritenere opportuni, sia nel tipo di esame che nella sua frequenza nel tempo. Il medico competente del lavoro ha l’obbligo di definire i protocolli sanitari in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati.

Quindi per realizzare questo importante lavoro il medico del lavoro dovrà valutare il documento di valutazione dei rischi, le schede di sicurezza delle varie sostanze utilizzate, effettuare i sopralluoghi degli ambienti di lavoro, parlare con dirigenti, preposti e lavoratori.

 

Il medico competente per decidere quale tipo di accertamenti strumentali eseguire ad integrazione della visita di medicina del lavoro dovrà fare riferimento agli indirizzi scientifici e seguire le linee guida più aggiornate. Quindi per un medico competente  è importante essere iscritti ad un’associazione professionale che ne guidi l’aggiornamento e la omogeneizzazione delle pratiche.

Io sono iscritto da alcuni anni all’ ANMA, Associazione Nazionale Medici d’Azienda, di cui seguo costantemente l’attività formativa obbligatoria sia presenziale che a distanza. Quello che bisogna ridurre il più possibile è la discrezionalità del medico competente del lavoro nel proporre accertamenti che non siano coerenti al rischio specifico dell’azienda in questione.

Domande frequenti che pongono le aziende o le associazioni di categoria sono:

  • quali esami può richiedere il medico competente?
  • quali protocolli di esami clinici sono necessari nelle diverse occupazioni?

Nella stesura di un protocollo sanitario il medico del lavoro deve mantenere un giusto equilibrio evitando di definire un protocollo sanitario non sufficientemente tutelante per la salute del lavoratore ed evitando di redigere un protocollo ridondante e carico di esami integrativi non correlati al rischio lavorativo.  

Uno degli aspetti più difficili per il medico competente è dato dal fatto che non esistono molti esami  veramente specifici in relazioni ai rischi lavorativi: ad esempio il monitoraggio biologico può essere eseguito per un numero limitato di sostanze chimiche. Gli esami quando vengono richiesti dal medico del lavoro sono a carico del datore; nella mia attività di medico competente cerco di far “evitare doppioni” qualora gli accertamenti siano già stati eseguiti per altre finalità di salute dal lavoratore.

Chi fosse interessato può chiedermi liberamente una proposta di protocollo sanitario da seguire nella propria realtà, ricordandosi comunque che è sempre necessario conoscere i rischi specifici e che in base a questi il medico competente calibrerà gli accertamenti  più appropriati da far eseguire nello svolgimento della sorveglianza sanitaria.

I protocolli sanitari devono essere interpretati come una linea guida seguita dal medico competente nominato dal datore di lavoro che, in base ai particolari rischi aziendali può modificarla o integrarla con gli accertamenti sanitari che può ritenere appropriati, sia nel tipo di esame che nella sua frequenza nel tempo.